Manovra 2023: i punti salienti dei provvedimenti del governo Meloni

La legge di bilancio vale 35 miliardi, di cui 21 sono destinati alle misure di mitigazione dell’aumento dei costi energetici. Nei 14 miliardi residui vi sono interventi su:

  • taglio del cuneo fiscale con buste paga più alte (ma di pochi euro e solo per alcuni);
  • pensioni minime fino a 600 euro e taglio delle rivalutazioni per gli assegni più ricchi;
  • rinegoziazione dei mutui ipotecari con la possibilità di passare tal tasso variabile al fisso;
  • estensione del congedo parentale;
  • condono fiscale;
  • nuovo bonus cultura;
  • assunzioni nella Pubblica amministrazione;
  • fondi per il dissesto idrogeologico;
  • stretta sul reddito di cittadinanza, ridotto per il 2023 da 8 a 7 mesi in attesa della riformulazione del provvedimento nel 2024 con l’arrivo del reddito di inclusione attiva.

Certificato ormai lo stop sulla decantata norma che alzava a 60 euro il limite per non far pagare con carta di credito e bancomat: resterà la norma decisa dal governo Draghi – in linea con le richieste del Pnrr – che stabilisce in 30 euro la soglia entro la quale i commercianti possono rifiutare la transizione con il pos senza incorrere in multe. Per i commercianti possibili proposte emendative per ristori sulle commissioni bancarie.

Buste paga: a chi spetta l’aumento sullo stipendio

Buone notizie in arrivo per i lavoratori, almeno per quelli che percepiscono uno stipendio compreso tra i 20 e i 25mila lordi annui. Una delle novità dell’ultima ora è infatti l’estensione del taglio del cuneo fiscale di un ulteriore punto percentuale (in aggiunta alla decontribuzione di due punti già varata lo scorso anno da Draghi) anche a queste fasce di reddito. La misura è prevista da uno degli emendamenti del governo alla legge di bilancio.

Cuneo fiscale: il taglio viene esteso anche ai redditi tra 20 e 25mila euro

Cosa cambia dunque? Vediamolo nel dettaglio. Come spiegavamo lo scorso anno il governo guidato dall’ex capo della Bce aveva già abbassato di due punti il cuneo per i lavoratori con reddito fino a 35mila euro. Nel testo della legge di bilancio inviato alle Camere questa misura era stata confermata, con l’aggiunta di un ulteriore punto percentuale per i redditi fino a 20mila euro. Ora questo limite viene alzato a 25mila. 

Ricapitolando: 

  • Per i redditi fino a 25mila euro il taglio totale sarà di 3 punti. 
  • Per i redditi da 25mila a 35mila euro ci sarà la conferma del taglio di punti già varato da Draghi che altrimenti sarebbe scaduto a dicembre 2022. 

Cosa cambia in busta paga

Per chi ha un reddito compreso tra 25mila e 35mila euro non ci saranno aumenti rispetto alle ultime buste paga, visto che il taglio di due punti del governo Draghi viene già erogato da qualche mese. Il discorso è diverso per chi è sotto la soglia dei 25mila euro che vedrà il proprio stipendio lievitare, seppur di poco, per effetto del taglio aggiuntivo di un altro punto percentuale.

Rispetto alle ultime mensilità di quest’anno, per chi ha una retribuzione di 10mila euro lordi, il vantaggio fiscale dovrebbe essere di poco più di 6 euro al mese; per chi ne guadagna 15mila di quasi 10, mentre chi ha un reddito di 20mila euro dovrebbe riceverne circa 11 in più. Un aumento leggermente più marcato dovrebbe ottenere chi ha uno stipendio di 25mila euro lordi. Parliamo comunque di cifre piuttosto basse. 

Aumento pensioni

Con gli emendamenti della maggioranza alla manovra le pensioni minime per chi ha più di 75 anni saranno portate a 600 euro (a partire dal 2023 e per un solo anno) e si va verso una nuova modifica della rivalutazione dei trattamenti previdenziali. Che cosa cambia rispetto al testo della legge di bilancio che il governo ha inviato alle Camere?

Prima della legge di bilancio, la rivalutazione veniva applicata secondo tre scaglioni: 

  • indicizzazione piena al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.100 euro);
  • al 90% sulla quota di pensione tra quattro e cinque volte il minimo;
  • del 75% sulle pensioni oltre cinque volte la quota minima;

Cosa vuol dire tutto ciò? Semplice: che ai trattamenti con un’indicizzazione al 100% (ovvero fino a 4 volte il minimo) si sarebbe dovuta applicare in maniera piena la percentuale di indicizzazione (pari al 7,3%) calcolata sulla base dei prezzi al consumo forniti dall’Istat. Per le altre fasce, invece, la rivalutazione sarebbe stata più bassa e pari al 90 e 75% dell’aumento percentuale del 7,3%, e dunque del 6.57% (per le pensioni tra 4 o 5 volte il minimo) e del 5,5% per i trattamenti più alti. 

Le ultime modifiche: quale sarà l’aumento effettivo nel 2023

Neanche queste percentuali tuttavia sono quelle definitive perché la maggioranza ha cambiato di nuovo idea. Con l’emendamento presentato in Parlamento i trattamenti tra 4 e 5 volte il minimo avranno per il periodo 2023-2024 un adeguamento automatico pari all’85% anzichè all’80% come era previsto nel ddl bilancio, mentre le pensioni più alte subiranno una ulteriore penalizzazione. Lo schema dunque diventa il seguente:

  • rivalutazione al 120% solo per le pensioni minime; 
  • 100% fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.100 euro);
  • 85% tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 53% tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 47% tra 6 e 8 volte il minimo; 
  • 37% tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 32% oltre 10 volte il minimo;

Con queste percentuali è facile capire chi ci guadagna e chi ci perde. La manovra favorisce soprattutto i pensionati a basso reddito: le pensioni minime subiranno una rivalutazione del 120% (aumentando cioè dell’8,8% rispetto all’importo dello scorso anno) e verranno portate a 600 euro per gli over 75. Nulla cambia invece per chi è nella fascia dei trattamenti fino a 4 volte il minimo: in questo caso, la rivalutazione sarà del 7,3%, com’era già previsto prima della finanziaria. Molto diverso il discorso per chi ha trattamenti più alti. 

Chi ci guadagna e di quanto aumenteranno le pensioni

Per le pensioni comprese tra 4 o 5 volte il minimo, l’emendamento è una buona notizia perché la percentuale di rivalutazione passa dall’80 all’85% (ma va sottolineato che secondo gli scaglioni in vigore fino a oggi questi pensionati avrebbero avuto diritto al 90%). In sostanza per questi trattamenti l’aumento effettivo lordo sarà del 6,2%. Va invece piuttosto male alle pensioni che superano di 5 volte la quota minima. Secondo gli scaglioni oggi in vigore questi trattamenti dovrebbero subire una rivalutazione del 75%, ovvero un aumento effettivo di circa il 5,5%. Ma con le modifiche pensate dalla maggioranza gli incrementi saranno molto più modesti. Vediamo dunque l’aumento in percentuale sulle pensioni per tutte le fasce:

  • 8,8% per le pensioni minime;
  • 7,3% fino a 4 volte il minimo (ovvero 2.100 euro);
  • 6,2% tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 3,86% tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 3,4% tra 6 e 8 volte il minimo; 
  • 2,7% tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 2,3% oltre 10 volte il minimo;

A partire da queste percentuali dunque è possibile calcolare piuttosto agevolmente l’aumento del proprio trattamento previdenziale. Va da sé che le modifiche introdotte dalla maggioranza penalizzano soprattutto gli assegni elevati che in percentuale avranno una rivalutazione piuttosto bassa (se rapportata all’inflazione). C’è da dire che in termini assoluti gli importi non saranno poi così modesti perché la percentuale va comunque applicata su un numero più grande. Cosa intendiamo dire? Semplice: che su una pensione di 1.500 euro lordi, il 7,3% corrisponde ad un aumento di circa 110 euro lordi; su un trattamento di 5.400 euro lordi, il 2,3% è pari comunque a 124 euro. Una pensione di 3.100 euro lordi (ovvero nella fascia tra 5 e 6 volte il minimo) dovrebbe ricevere un aumento di circa 115 euro. Vero è che i pensionati con un reddito di oltre 5 volte la quota minima, e nello specifico coloro che hanno trattamenti molto alti, hanno “perso” parecchi soldi: se lo schema fosse rimasto quello attualmente in vigore (ovvero i tra scaglioni di cui abbiamo parlato sopra) per loro gli aumenti sarebbero stati molto più marcati.  

Come cambiano il reddito di cittadinanza

Sul Reddito di cittadinanza il governo stringe la cinghia e mentre la ministra del lavoro Calderone assicura che gli interventi saranno graduali, la maggioranza di centrodestra starebbe valutando un ulteriore stretta al beneficio da inserire nella legge di bilancio: ridurre da otto a sette mensilità di sussidio nel 2023 per risparmiare circa 200 milioni di euro da utilizzare per altre esigenze. Lo si apprende da fonti dell’esecutivo mentre la ministra del Lavoro traccia ancora una volta le linee guida della Manovra 2023.

Condono fiscale

Lo stralcio delle cartelle esattoriali contratte fra il 2000 e il 2015 per importi fino a 1.000 euro – anche questo finito nel mirino dell’Ue – slitta di due mesi, dal 31 gennaio al 31 marzo 2023. Saranno inoltre escluse le multe: saranno i singoli Comuni a scegliere di applicare o meno la norma. Sulle sanzioni amministrative, incluse quelle per violazioni del codice della strada, lo stralcio si applica solo sugli interessi. “I Comuni – si legge nella norma – possono decidere di non applicare la misura e in questo modo si introduce “una differente applicazione (cd. annullamento parziale) per i crediti affidati dagli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali”.

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